Quando essere “amatori” non basta
Selezione, consanguineità e miglioramento genetico del dobermann.
di Pierluigi Pezzano
Quando essere “amatori” non basta
Selezione, consanguineità e miglioramento genetico del dobermann.
di Pierluigi Pezzano
Tra le varie ragioni che possono indurre a scegliere un cane di razza, la prevedibilità delle caratteristiche fisiche e comportamentali occupa un ruolo di primaria importanza. Il processo di domesticazione del cane è cominciato circa 14000 anni fa, nel corso dei millenni l’uomo ha decretato la nascita delle diverse razze favorendo la riproduzione, e, quindi, selezionando, quei soggetti che rispondevano a determinate richieste di tipo utilitaristico: l’attitudine alla caccia, alla guardia, alla conduzione del bestiame.
Si è avuta in questo modo la selezione diretta di caratteristiche comportamentali e una selezione generalmente indiretta di caratteristiche morfologiche quali ad esempio la forma dei padiglioni auricolari o la colorazione del mantello. L’avvento, verso la fine del 1800, dei registri anagrafici (studbooks) ha favorito la stesura di standard morfologici che, però hanno causato in molti casi la perdita di importanza delle attitudini al lavoro.
L’istituzione preposta al controllo della popolazione canina pura allevata in Italia è l’Ente Nazionale della Cinofilia Italiana. L’Articolo 2 dello Statuto Sociale riporta che:
L’ENCI è un’associazione di allevatori a carattere tecnico-economico, ha lo scopo di tutelare le razze canine, migliorandone ed incrementandone l’allevamento, nonché disciplinandone e favorendone l’impiego e la valorizzazione ai fini zootecnici, oltre che sportivi.
La regolamentazione per la costituzione di Società Specializzate è descritta nell’articolo 21 dello Statuto che ne cita anche i compiti:
Il Consiglio Direttivo concede il proprio riconoscimento ammettendole a soci con la denominazione di Associazioni Specializzate di razza a quelle Associazioni legalmente costituite tra cinofili proprietari di soggetti iscritti al libro genealogico che si occupano, ai fini del miglioramento genetico delle popolazioni, dello studio, della valorizzazione dell’incremento e dell’utilizzo di una singola razza o di un gruppo di razze similari, affidando loro incarichi di ricerca e di verifica e concordando con esse particolari modalità di interventi, mirati al conseguimento dei programmi che l’Associazione persegue. Le Associazioni Specializzate sono inoltre chiamate a fornire supporti tecnici alla Commissione Tecnica Centrale prevista nel Disciplinare del libro genealogico….”.
La selezione e il miglioramento genetico della razza tutelata diventano quindi le condizioni essenziali per realizzare la mission delle Associazioni Specializzate di razza.
Vengono incontro a questo lavoro di selezione e di miglioramento genetico, le Norme Tecniche dell’Allevamento italiano, che distinguono una riproduzione normale ed una riproduzione selezionata. Tutti i genitori delle cucciolate iscritte sono, quindi, registrati quali riproduttori ordinari o selezionati. Riproduttore selezionato per la razza dobermann è il soggetto iscritto al ROI che ha i seguenti requisiti:
- Ztp superato con la qualifica 1A o 1B e che, quindi, abbia i sottostanti requisiti di ammissione;
- b)Brevetto ENCI n2 o Prove di addestramento di valenza superiore superate all’interno dell’AIAD;
- c)esenzione da patologie oculari certificata da un veterinario abilitato.
Ai fini dell’ammissione alla riproduzione selezionata dei soggetti importati ed iscritti al Registro del libro genealogico sono richiesti gli stessi requisiti di cui sopra. In caso di monta o fecondazione artificiale di stallone estero, i figli potranno essere iscritti come nati da genitori selezionati” soltanto se anche per tali stalloni è dimostrato il possesso di analoghi requisiti. I figli di riproduttori selezionati avranno un certificato genealogico differenziato, con la scritta: Nato da genitori selezionati”.
L’ENCI, quindi è un’Associazione di Allevatori ed anche l’AIAD, che per prima ha sperimentato e promosso in Italia la riproduzione selezionata, deve accelerare i propri processi per restare ancora all’avanguardia.
Fino ad oggi il passo più importante, ritenuto giustamente come il necessario fondamento per il progresso nel miglioramento genetico, è la registrazione delle performance e l’identificazione attendibile dei soggetti. Nel nostro ambito, la scelta dei riproduttori a fini selettivi si è finora basata sul concetto che animali con la migliore espressione fenotipica debbano avere anche il miglior genotipo. L’accuratezza di questa stima é stata progressivamente migliorata con il confronto e la scelta di soggetti a rassomiglianza genetica superiore a quella esistente in media dentro la popolazione (Campionato sociale, valutazione delle performance, stima statistico-probabilistica del valore genetico dei riproduttori sulla base di test di progenie derivanti dai dati raccolti durante lo Ztp ed immessi su WinBreed, valutazione dei pedigree, lettura del corretto valore di inbreeding su sette o su dieci generazioni).
Tuttavia oggi non credo si possa più prescindere da una registrazione maggiormente accurata delle performance né da una corretta rilevazione di alcune caratteristiche fenotipiche dei nostri dobermann, fatta sulla base di modelli di rilevazione lineare, oggi ben sperimentati e precisi.
E’ ovvio che questi tipi di valutazioni non sono alla portata dell’allevatore medio ma di strutture più complesse (centri di calcolo con personale specializzato), che abbiano mezzi e competenze necessarie alla trattazione dei dati raccolti.
In questa ottica il programma di selezione dovrà consentire di scegliere i migliori produttori (top) e scartare i peggiori con lo scopo di provare a incrementare la frequenza dei geni favorevoli. Ciò è attuato selezionando gli individui con i più alti valori fenotipici, confidando nel fatto che anche i loro valori riproduttivi siano i migliori e possano essere trasmessi ai loro figli, ottenendo, così, il miglioramento cercato.
La politica di intervento della Società Specializzata deve, quindi, concentrarsi sulla selezione di soggetti sani, avendo sempre come riferimento la popolazione dei soggetti appartenenti alla razza e le caratteristiche di razza descritte nello standard ufficiale. Il miglioramento genetico di una popolazione animale si persegue attraverso la selezione, ovvero la scelta dei riproduttori della prossima generazione.
Oggi sappiamo che la selezione da specie a specie e da specie a razza avviene per perdita di geni e per aumento della omozigosi, per questo dall’accoppiamento di due cani non nasce mai un gatto e dall’accoppiamento di due dobermann non nasce mai un Greyhound (però talvolta nasce qualcosa che gli assomiglia…).
Bisogna dunque considerare che essendosi persa gran parte del patrimonio genetico originale per la determinazione della specie ed altra grande parte per la definizione della razza, e poiché il processo di selezione sostanzialmente ricomprende anche un aumento della omozigosi –non per effetto dovuto soltanto all’uso della consanguineità- la maggior parte dei geni di un cane moderno è in omozigosi. A questo punto dunque occorre sapere che solo una piccola frazione di geni, è quella che consente all’allevatore il proprio lavoro di selezione e miglioramento genetico e la possibilità di dare, nel bene e nel male, la propria impronta all’allevamento moderno del dobermann. Quando dunque si parla e si misura la consanguineità, o fattore di inbreeding(F) occorre tener presente che tale misura è riferita ad una piccola parte del patrimonio genetico dei nostri dobermann. Va anche chiarito che il fattore di inbreeding(F) non può essere considerato come misura diretta dell’omozigosi perché i due alleli tramandati da diversi antenati potevano già essere funzionalmente identici.
Al fine di evitare qualsiasi equivoco sul termine consanguineità, desidero chiarire che essa, essendo il risultato di accoppiamenti tra parenti, fa parte dei sistemi di accoppiamento e che, pur essendo vero che il calcolo del coefficiente di consanguineità degli individui(F) è molto utile, esso non é, come riporta qualcuno, ” un metodo di selezione” e non serve alla valutazione genetica dei riproduttori, in quanto quest’ultima è condotta con metodi propri ed è una tappa del processo di selezione.
Da quanto fin qui detto, possiamo stabilire che il termine consanguineità é usato in associazione a tre diversi significati e si parla di:
- consanguineità dell’individuo (o di una popolazione), che è un indice della omozigosità dell’individuo (o della popolazione), misurabile con metodi appropriati attraverso il coefficiente di consanguineità(o di inbreeding) (F) che varia da 0,… a 1;
- consanguineità o inbreeding come sistema di accoppiamento, usato sia come sistema regolare di accoppiamento tra individui con parentela nota, sia nella pratica del linebreeding (accoppiamento entro la linea). Essa è uno dei mezzi del miglioramento genetico e porta a determinati risultati più o meno vantaggiosi. In questo senso la consanguineità può essere considerata un filtro, la cui efficacia, immediata e nel tempo, dipende dall’accortezza e dalle conoscenze specifiche di chi ne determina l’intensità ed il modo.
- consanguineità tra due soggetti, usata come misura di parentela tra questi, perché si fa riferimento ad uno specifico coefficiente di consanguineità tra individui che è quello di Falconer, diverso da quello del punto 1 e con il quale non deve essere confuso. In quest’ultimo caso il termine consanguineità sarebbe da evitare (meglio parlare di parentela tra individui) per non incorrere in equivoci.
Oggi sappiamo che la consanguineità, di per sé, non possiede nessuna particolare azione malefica o benefica in quanto provoca, con l’omozigosi dei geni, una progressiva purificazione del patrimonio ereditario posseduto dai fondatori della famiglia o della linea.
Come già detto, nel miglioramento genetico del dobermann il processo di selezione è volto alla scelta degli animali con i più alti valori genetici riproduttivi (valori genetici additivi); esso utilizza le differenze nei valori riproduttivi esistenti tra i vari soggetti esaminati per ceppo o linea.
Le tappe del processo di selezione sono tre:
- la misura e la trascrizione dei caratteri;
- la valutazione la genetica dei riproduttori
- la scelta dei riproduttori
Un programma di selezione può essere così strutturato:
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- definire gli obiettivi di selezione: i caratteri morfologici e comportamentali che devono essere migliorati;
- organizzare gli schemi di selezione: le modalità di raggiungimento degli obiettivi stabiliti;
- valutare la disponibilità ed efficacia di strumenti di selezione;
- verificare l’andamento dei programmi di selezione.
La selezione risulta più semplice, quando ad essere selezionato è un solo carattere (es: altezza al garrese), ma l’allevamento del cane di razza comporta invece la selezione per più caratteri che coinvolgono sia la morfologia del soggetto che le sue caratteristiche attitudinali e comportamentali; risulta quindi molto importante sia definire i caratteri da selezionare sia individuare la via per raggiungere gli obiettivi che si sono stabiliti.
Dopo lo studio e la verifica degli obiettivi di selezione bisogna definire la strategia per raggiungerli.
Questo è lo schema di selezione: definire quali saranno i riproduttori della futura generazione.
Da un punto di vista genetico l’obiettivo della selezione è spostare la media della popolazione e non produrre solo qualche soggetto fuoriclasse.
I fuoriclasse, infatti, nascono da una riproduzione molto selezionata e sono tali soltanto se risultano anche miglioratori genetici nella media dei loro figli rispetto alla popolazione di riferimento. Tenendo sempre presente che ogni individuo trasmette ai propri figli un campione di metà dei suoi geni e che, per gli effetti additivi dei geni, essi rappresentano l’abilità o capacita di trasmettere(Transmitting Ability) o ETAi (Estimating Transmitting Ability) dell’individuo che è uguale alla metà del suo valore riproduttivo.
Strettamente legato al concetto di selezione è quello dell’intensità di selezione, ovvero l’indice di quanto è limitata la scelta dei riproduttori. Se, infatti, si decide di considerare come riproduttori il miglior 20% della popolazione è intuitivo aspettarsi, nell’ambito dei figli di quel 20% di riproduttori, un maggior progresso che non scegliendo il miglior 60% della popolazione. Bisogna fare attenzione, però a pericolosi colli di bottiglia genetici che potrebbero portare alla perdita di caratteri e all’impoverimento genetico della razza(elevata consanguineità).
Dopo aver messo a punto gli obiettivi e i programmi di selezione, e resi disponibili gli strumenti per conseguire tali obiettivi occorre una verifica dell’efficacia di tali programmi e dei risultati conseguiti grazie a questi. Il fine della verifica è dunque quello di valutare se ci si sta muovendo nella direzione voluta e a quale velocità.
Al fine di poter applicare un programma di selezione è indispensabile avere a disposizione delle informazioni specifiche sulla popolazione oggetto di intervento. La conoscenza accurata della razza e dei diversi caratteri morfologici e comportamentali che in essa si vogliono selezionare, stanno alla base di qualsiasi piano di selezione. Anche la conoscenza delle correlazioni genetiche intercorrenti tra i diversi caratteri e l’ereditabilità degli stessi vanno accuratamente studiati.
I fattori fisiologici determinanti per tutti i programmi di selezione sono costituiti da: ereditabilità, variabilità, e correlazione genetica.
Le componenti basi degli obiettivi di selezione possono essere riassunti in: salute, attitudine al lavoro, comportamento, tipo-morfologia, benessere.
Gli obiettivi di selezione possono riguardare la velocità di apprendimento, l’eliminazione di una patologia genetica o migliorare determinate caratteristiche somatiche.
Riassumendo quindi bisogna decidere quali caratteri si vogliono conservare e quali evidenziare nelle nuove generazioni.
Le modalità di trasmissione dei caratteri determina la facilità con cui un obiettivo di selezione può essere raggiunto. La risposta alla selezione può essere rapida con caratteri qualitativi codificati da un solo gene come il colore del mantello, o richiedere più generazioni come nel caso di caratteri quantitativi, codificati cioè da più geni e dipendenti in proporzione variabile dall’ambiente (es. displasia dell’anca).
L’indirizzo di allevamento determinato attraverso gli obiettivi di selezione deve essere sempre orientato all’interesse della popolazione più che a quello di pochi soggetti. La salute è il primo degli obiettivi di selezione sopra menzionati; l’importanza di selezionare soggetti sani deve tenere conto della comparsa di problemi legati alla tendenza all’esagerazione di caratteristiche morfologiche descritte nello standard di razza (ipertipo).
Le patologie genetiche che causano la morte del soggetto affetto, sofferenza, o quelle che non risultano trattabili dovrebbero avere un’attenzione particolare nei piani di eradicazione delle patologie genetiche. Uno degli obiettivi primari è diminuire il numero di cuccioli nati affetti da patologia. La disponibilità di test per l’identificazione precoce dei cani affetti e portatori facilita la gestione della patologia genetica, anche se è importante conoscere sempre l’accuratezza degli stessi.
Un concetto di fondamentale importanza è che le mutazioni e i disordini genetici sono intimamente legati alla vita e saranno sempre presenti con vario grado. Gli organismi viventi, siano essi piante o animali, sono caratterizzati da un elevatissimo numero di geni che contribuiscono alla vita e favoriscono l’adattamento e la sopravvivenza delle specie, ma anche geni negativi o anche letali.
Al fine di raggiungere l’uniformità fenotipica si è fatto e si fa ricorso alla selezione in consanguineità ovvero all’accoppiamento di animali tra loro parenti. Il risultato di questo metodo può essere molto negativo se applicato senza la dovuta preparazione a popolazioni chiuse (razze canine con registri chiusi), si assiste, infatti, ad una perdita di materiale genetico e di conseguenza di variabilità genetica su cui sia possibile studiare piani di selezione. Il pericolo maggiore è che aumenta la probabilità che geni negativi presenti nei genitori si manifestino nella discendenza per effetto della riduzione della variabilità genetica. La tendenza è che in una determinata razza il numero dei disordini diminuisce, ma la loro frequenza aumenta, è anche possibile che il disordine genetico e il suo grado diventino più o meno razza-specifici. Poiché l’approccio al problema varia in base alla razza presa in esame, la centralità della Società Specializzata nello studio e nella formulazione dei piani di allevamento risulta evidente. Una selezione limitata a pochi caratteri può portare ad una negativa riduzione delle risorse genetiche della popolazione (razza).
Gli effetti deleteri della consanguineità sono noti universalmente e riassumibili brevemente nell’incremento della frequenza di tutti i difetti genetici e delle anormalità che sono dovute a geni recessivi e nell’aumento della depressione da consanguineità riguardo ai caratteri quantitativi e in particolare riguardo a quelli propri dell’adattamento (sfera riproduttiva, resistenza alle malattie, longevità, ecc.).
A fini pratici, si riportano i livelli considerati pericolosi per il coefficiente di consanguineità degli animali da allevamento da alcuni illustri studiosi. Sulla base dei risultati di esperimenti condotti da diversi ricercatori su diverse specie di animali, nei quali la consanguineità (accoppiamenti tra parenti), era indotta con diversa intensità e per diverse generazioni, fu visto che gli effetti deleteri cominciano a manifestarsi, quando era raggiunto il valore di F=0,375 (Van Vleck et Al. 1987). Per quegli studiosi valori inferiori a questo non sono da considerare pericolosi. Il valore pari al 37,5% di consanguineità può essere raggiunto anche in due generazioni di accoppiamenti tra fratelli pieni. E’ per questo che, come misura di prevenzione per gli effetti deleteri della consanguineità, è consigliato di evitare accoppiamenti tra parenti stretti, nella fattispecie, fratelli pieni e genitore-figlio. Per Robinson (1990), invece, non sono da considerare pericolosi valori inferiori a 0,5.
A questo proposito c’è da fare una breve considerazione su un avvertimento che è fatto da Bell(1993), il quale enfatizza la necessità di procedere alla misura del coefficiente di consanguineità oltre la 5a generazione (almeno, fino alla 10a), per via del così detto background inbreeding,che è la quota di inbreeding che si accumula in queste generazioni.
I controlli fenotipici hanno un ruolo chiave nella valutazione degli obiettivi di selezione e devono coprire i campi di: morfologia, caratteristiche comportamentali e attitudine al lavoro.
Morfologia e Tipo
Lo standard di razza descrive le caratteristiche ideali che un soggetto appartenete ad una determinata razza deve possedere(il tipo); il compito degli allevatori è quello di avvicinarsi il più possibile con i soggetti prodotti a questo ideale.
La ricerca del tipo corretto deve essere uno degli obiettivi principali da perseguire negli obiettivi di selezione dei club di razza. Lo scopo non è solo quello di conservare la razza ma anche quello di migliorarla, non vi è nulla di sbagliato nel cercare di migliorare le caratteristiche morfologiche di una razza, questo processo richiede però le dovute precauzioni.
La tendenza verso l’ipertipizzazione delle caratteristiche morfologiche può essere negativa non solo per il soggetto che le possiede ma per la razza considerata nell’accezione genetica di popolazione.
Bisogna innanzi tutto evitare l’ipertipo, in quei caratteri che possono condizionare la fisiologia del soggetto: la ricerca di caratteristiche sempre più esasperate può portare, come è già avvenuto in alcune razze, al raggiungimento dei limiti minimi che assicurano salute e benessere e in alcuni casi, questi limiti sono anche stati superati ( es: razze in cui la fecondazione strumentale o il parto con taglio cesareo sono prassi comune, razze in cui l’abbondanza del mantello limita gravemente i movimenti o impedisce la vista, razze in cui la particolare conformazione del muso impedisce la respirazione).
Anche la limitazione dell’allevamento a poche linee di sangue al fine di raggiungere un determinato tipo può risultare pericolosa per la popolazione-razza, quando la fissazione dei caratteri morfologici è ottenuta con uno sconsiderato uso della consanguineità.
Caratteristiche comportamentali:
La selezione delle razze canine ha portato alla fissazione di tratti comportamentali specifici che, insieme alle caratteristiche morfologiche tipiche, differenziano il cane domestico nelle diverse razze. Le caratteristiche comportamentali non sono di minore importanza rispetto a quelle morfologiche nella tipicità di una razza. Le caratteristiche razza-specifiche devono essere considerate essenziali durante la formulazione dei piani di selezione.
La corretta e attenta valutazione delle caratteristiche comportamentali tipiche può contribuire a limitare intollerabili deviazioni del comportamento quali ad esempio gli spiacevoli incidenti spesso riportati nei quotidiani.
Gli obiettivi di selezione sviluppati in campo comportamentale non possono prescindere dallo studio approfondito degli schemi comportamentali per cui si vuole selezionare al fine di valutare il grado di ereditabilità di una determinata caratteristica, le differenze esistenti tra le varie razze nella espressione di un determinato tratto (una valutazione precisa del soggetto richiede una conoscenza specifica della razza), le relazioni intercorrenti tra le diverse caratteristiche comportamentali, quando presenti. Le ricerche svolte su questi argomenti non sono molto estese ed è importante sottolineare lo stretto legame tra ereditabilità del carattere e popolazione su cui è stato valutato.
Attitudine al lavoro:
Il genere umano ha intuito durante il processo di domesticazione che il cane poteva ricoprire diversi compiti: il cane poteva aiutare durante una battuta di caccia, poteva difendere il territorio dall’intrusione di sconosciuti animali od umani oppure poteva difendere il proprio padrone o il bestiame, o anche condurlo. La selezione per questi differenti ruoli è ha favorito la differenziazione della popolazione di Canis familiaris in diversi gruppi.
Le attitudini ad un determinato tipo di lavoro hanno portato a far riprodurre quei soggetti che possedevano determinati comportamenti, sono così state selezionate delle sottopopolazioni caratterizzate da un particolare modo di lavorare, per le capacità che dimostravano nel massimizzare l’espressione di determinati comportamenti e nel limitare la manifestazione di altri comportamenti.
La differenziazione della popolazione in base alle diverse attitudini lavorative ha costituito la prima suddivisione in ‘razze’. Questa prima suddivisione ha fornito il materiale genetico su cui poi si è sviluppata la moderna selezione delle razze canine. E’ possibile quindi affermare che le razze moderne derivino dai primitivi cani da lavoro.
L’obiettivo di selezione per le attitudini al lavoro ha per lungo tempo costituito il punto cruciale dell’allevamento insieme alla ricerca dell’armonia dell’insieme; ha tuttavia perso importanza nel momento in cui la selezione ha favorito solo le caratteristiche morfologiche limitando, in diversa misura, la possibilità di trasmettere le caratteristiche attitudini di molte razze.
L’impiego dei cani in gare di lavoro permette di valutare i soggetti per le loro caratteristiche attitudinali, mancando il confronto sportivo sulle caratteristiche lavorative l’individuazione dei soggetti migliori per questi tratti comportamentali risulta praticamente impossibile.
Le attitudini al lavoro delle diverse razze passano spesso in secondo piano in quanto meno legate alla conformazione del soggetto che risulta facilmente percepibile (anche ai meno esperti) e quantificabile. In alcune razze, questa dicotomia ha portato alla selezione di linee di lavoro e linee di bellezza. Nella razza dobermann i controlli fenotipici prendono in considerazione gli aspetti attitudinali e comportamentali oltre che morfologici: questo rende la selezione più accurata e completa.
Benessere
La valutazione del benessere è legata al sistema di allevamento dei soggetti, ovvero come gli stessi sono tenuti e dove sono alloggiati. Alcuni Kennel Club effettuano regolari controlli per valutari il benessere degli animali allevati in allevamenti da loro riconosciuti. Oltre al concetto di housing e management anche la frequenza con cui sono fatti riprodurre i soggetti deve essere presa in considerazione.
I club di razza e gli allevatori hanno la responsabilità di fornire gli indirizzi di allevamento indicando quali devono essere gli obiettivi da perseguire attraverso la selezione. L’efficacia dei provvedimenti presi in favore della razza tutelata è tanto maggiore quanto più alta è la percentuale di allevatori che aderiscono alle iniziative del Club.
Le controlli fenotipici non devono essere intesi come riguardanti esclusivamente il soggetto in questione, bensì come potenti strumenti per la valutazione dello stato della razza nel suo insieme.
La tutela della razza diventa quindi lo studio e il miglioramento genetico di una popolazione caratterizzata da determinati tratti comportamentali e morfologici. L’evoluzione della ricerca genetica e l’esperienza maturata nelle selezione di altri animali di interesse zootecnico sta conducendo ad una selezione dei riproduttori su basi genotipiche e non solo fenotipiche.
La presenza di test genetici per il controllo di alcune patologie risulta molto importante, purtroppo il numero di patologie ereditarie valutabili con test genetici è ancora limitato; per gli altri disordini la selezione si deve basare su valutazioni fenotipiche sia del soggetto che dei parenti dello stesso.
La via più importante attraverso la quale le Società Specializzate e gli allevatori possono influenzare l’assetto genetico della razza allevata è la selezione. L’effetto che il processo selettivo può avere dipende dall’intensità di selezione applicata in favore o al fine di eliminare un determinato carattere e nondimeno la natura genetica del tratto considerato; l’indice di ereditabilità dei caratteri è di primaria importanza. La selezione per caratteri codificati da più geni su cui è possibile avere un effetto ambientale(caratteri quantitativi), non solo dipende, infatti, da quanto è elevata l’intensità di selezione, ovvero quanto si è esigenti nella scelta dei riproduttori, ma soprattutto dall’ereditabilità del carattere selezionato. Se infatti l’intensità di selezione o l’ereditabilità del tratto è bassa, allora il progresso sarà minimo.
La grande importanza zootecnica degli indirizzi di allevamento è tale in quanto la scelta di far riprodurre determinati soggetti eliminando dalla riproduzione gli altri suddivide la popolazione in due gruppi, in base alle frequenze geniche. I riproduttori dovrebbero possedere un corredo genetico migliore per i caratteri per cui si vuole selezionare rispetto al gruppo dei soggetti non considerati adatti alla riproduzione. Il livello di successo nelle operazioni di selezione dipenderà direttamente dalla capacità di effettuare la scelta del gruppo di riproduttori, ovvero quanto le caratteristiche di razza sono conosciute e correttamente valutate (controlli fenotipici e genotipici), al fine di scegliere il soggetto giusto.
La valutazione delle caratteristiche di tipo, attitudine e carattere possono essere considerate i performance test della specie canina. Questi permettono la valutazione del soggetto sia in base alle caratteristiche morfologiche che attitudinali. Il livello di funzionalità dei controlli fenotipici dipende da due fattori: l’accuratezza della valutazione e l’ereditabilità del carattere valutato.
La valutazione dell’ereditabilità dei caratteri in cinotecnia è ancora limitata, ma dallo studio dei coefficienti di ereditabilità avvenuto per altre specie animali è possibile affermare che tratti che coinvolgono il peso, l’altezza, il tipo possono avere ereditabilità medio-alte, mentre le caratteristiche riproduttive hanno dei valori di ereditabilità bassi. I tratti comportamentali e attitudinali possono avere una ereditabilità più o meno bassa in base al carattere in questione.
Quando la scelta dei riproduttori è effettuata in base ai risultati dei discendenti piuttosto che su quelli del riproduttore stesso si parla di progeny test.
La corretta valutazione attraverso progeny test deve essere effettuata ad esempio accoppiando il maschio che si vuole valutare ad un gruppo di femmine di vario livello campionate a caso, quindi esaminare un numero elevato di discendenti allevati in ambienti quanto più diversi possibile. Rispettando le condizioni sopra descritte è possibile avere una stima corretta del valore del riproduttore considerato.
Pierluigi Pezzano
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